Nuovo limite per le operazioni in contanti: torna la soglia di 2.000 Euro
2 Marzo 2022
Cambia ancora il limite per le operazioni in contanti.
Questa volta, in aumento.
Dal 1 Gennaio 2022, infatti, il limite per tali operazioni era sceso a 999,99 Euro.
Da ieri, 1 Marzo 2022, è tornato a 1.999,99 Euro, con effetto retroattivo dal 1 Gennaio 2022.
È stata infatti pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 49 del 28 febbraio 2022 la L. 25 febbraio 2022 n. 15, di conversione del DL 228/2021 (c.d. DL “Milleproroghe”). Intervenendo sull’art. 49 comma 3-bis del DLgs. 231/2007, la norma ripristina dal 1/1/2022 il limite per i pagamenti in contanti e, più in generale, per i trasferimenti a qualsiasi titolo di denaro contante, ex art. 49 comma 1 del DLgs. 231/2007, riportandolae a 1.999,99 euro (soglia di 2.000 euro).
Sarà così fino al 1° gennaio 2023, quando il limite dovrebbe tornare a 999,99 Euro.
Salvo ovviamente che non si scelga di cambiare ulteriormente idea.
Nulla cambia, invece, nella normativa in sé: l’unica modifica è appunto quella relativa all’importo limite.
Restano pertanto valide tutte le considerazioni già fatte in passato, che riepiloghiamo per comodità e promemoria, basandoci su normativa, prassi e giurisprudenza alla data odierna:
- è legittimo – a fronte di un’operazione di importo superiore ai 2.000 Euro (es. 5.000) incassare fino a 1.999,99 Euro in contanti, anche in più tranche, e poi incassare con mezzi tracciabili (bonifico, assegno, bancomat, carta di credito) la parte restante;
- è legittimo, in tutte quelle transazioni che per prassi prevedono pagamenti rateizzati a tranche, sulla base di uno specifico contratto o accordo di vendita preventivamente sottoscritto tra le parti, incassare in totale più di 2.000 Euro in contanti. A titolo di esempio, è legittima la stipula di un contratto scritto per l’acquisto di un macchinario da 4.000 Euro, nel quale sia evidenziato e pattuito che il pagamento avviene tramite quattro rate mensili da 1.000 Euro. In questo caso, tutte le rate da 1.000 Euro possono essere corrisposte in contanti, purché appunto ciascuna rata sia inferiore ai 2.000 Euro. È importante che la pattuizione non risulti unicamente volta all’aggiramento della legge, o che le rate siano così ravvicinate da risultare volutamente elusive (su questo aspetto diverse volte ci si pone il dubbio di quale sia una cadenza legittima di tali rate: di sicuro tra una rata e l’altra devono passare almeno 7 giorni, ed in più comunque si ritiene che debba essere dimostrabile, da parte di chi acquista, che la cadenza delle rate sia tale da permettergli di acquisire nel frattempo nuovo denaro per il pagamento, chiaramente di fonte tracciabile);
- è legittima la suddivisione del valore complessivo dell’operazione di vendita in “quote” di importo unitario inferiore a 2.000 Euro. Ci riferiamo ad esempio alle quote per “lista nozze”, “lista compleanno”, “lista regalo” e similari, nelle quali un venditore (es. un’agenzia di viaggi) mette in vendita un bene o servizio (es. un viaggio) ad un valore superiore ai 2.000 Euro (es. 10.000), che viene pagato da una pluralità di soggetti, ciascuno corrispondente un valore inferiore a 2.000 Euro. Il frazionamento, oltre ad essere connaturato alla prassi commerciale della vendita di pacchetti e servizi turistici, deve risultare anche come precisa conseguenza di un contratto sottoscritto tra le parti nel quale appunto è previsto il pagamento tramite quote corrisposte da più soggetti. Per dimostrare che si tratta di un’operazione effettiva, e non elusiva, è fondamentale acquisire i dati di chi acquista la singola quota, in modo da poter dimostrare che ciascun soggetto non ha superato il limite di 1.999,99 Euro di pagamento in contanti.
Ricordiamo che le sanzioni per la violazione della norma in questione sono particolarmente elevate e si applicano non solo per chi paga, ma anche per chi riceve il denaro.
Per le violazioni che riguardano importi fino a 250.000 euro, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 50.000 euro.
Per le violazioni che riguardano importi superiori a 250.000 euro, la sanzione è quintuplicata nel minimo e nel massimo edittali.
Le sanzioni sono irrogate dal Ministero dell’economia e delle finanze tramite gli uffici delle Ragionerie territoriali dello Stato in base ai criteri previsti dall’art. 67 del decreto legislativo n. 231 del 2007.