L'addebito della separazione

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L’addebito della separazione. Come funziona e quando è possibile ottenerlo.


Avvocato Elena Moschella

Il tema dell’addebito mantiene nelle aule di Tribunale una posizione preminente nei giudizi di separazione; esso è strettamente legato a sentimenti di rabbia e risentimento che generalmente accompagnano le crisi familiari.

Ma andiamo con ordine.

Il presupposto della separazione è dato dall’intollerabilità della convivenza, che può determinarsi indipendentemente da colpe dell’uno o dell’altro coniuge ed il cui accertamento andrà effettuato in sede di giudizio.

La richiesta di addebito della separazione è oggetto di una specifica domanda da parte di uno dei coniugi il quale, per veder accolta la propria istanza, deve farsi carico di provare le “colpe” dell’altro. Affinché si possa giungere ad una pronuncia di separazione con addebito è infatti necessario che venga accertata in maniera rigorosa, la sussistenza di un legame diretto fra condotta assunta dal coniuge e contraria ai doveri nascenti dal matrimonio e la crisi familiare.

Gli effetti della condanna per addebito della separazione si riverberano solo sul piano patrimoniale determinando la perdita del diritto all’assegno di mantenimento e dei diritti successori.

Un accertamento di tal genere è molto difficile. Al Giudice è infatti demandato il compito di stabilire se, effettivamente, il comportamento assunto da uno dei coniugi – o da entrambi nel caso di istanze reciproche -  sia causa scatenante la frattura del rapporto coniugale o se, invece, esso abbia solamente aggravato o reso definitiva la crisi matrimoniale. La differenza è di non poco conto e può determinare l’esito del giudizio.

I presupposti necessari per l’accertamento dell’addebito della separazione, possono essere così semplificati:

-        Un comportamento cosciente e volontario contrario ai doveri assunti con il matrimonio di cui all’art. 143 C.C..

Gli obblighi previsti dall’articolo 143 del Codice Civile prevedono la fedeltà, l’assistenza morale e materiale, la collaborazione nell’interesse della famiglia, la coabitazione.

-        Collegamento diretto con la determinazione della crisi familiare.

La crisi coniugale deve cioè essere “causa-effetto” alla violazione di uno degli obblighi di cui all’art.143 c.c.

Se la crisi coniugale esisteva già, l’aver adottato un comportamento contrario ai doveri enunciati dal codice Civile, può non avere alcuna rilevanza nel giudizio di separazione.

Facciamo un esempio; il più classico.

L’infedeltà.

Nel caso in cui una moglie tradisca il marito con il proprio collega di lavoro, il marito, per veder condannata la coniuge alla separazione con addebito, dovrà in giudizio dimostrare che l’infedeltà ha determinato e provocato la crisi della coppia.

Nel caso in cui il tradimento fosse da tempo conosciuto o tollerato o, ancora, se esso fosse stato “perdonato”, il motivo di addebito verrebbe meno non potendo collegare direttamente il comportamento della moglie infedele alla rottura del legale matrimoniale.

Quindi violazione di un dovere legato al legame matrimoniale non sempre significa “addebitabilità” della separazione; al contrario l’eventuale sussistenza deve essere valutata molto attentamente e con coscienza.

Poiché i doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio hanno una loro rilevanza giuridica di ambito costituzionale, è opportuno ricordare che la loro violazione può essere consistere in una lesione di diritti personali del coniuge e, in casi specifici, può essere considerato un illecito civile da cui deriva un astratto diritto al risarcimento dei danni. Tale ipotesi deve essere valutata caso per caso e deve essere supportata da elementi probatori estremamente solidi; tuttavia è una possibilità da non tralasciare.


lawAthena Staff