Operazione imprenditore: il primo approdo, il regime forfetario

Hai un’idea che vuoi realizzare e far fruttare da un punto di vista economico?

Sei stufo di essere dipendente e vuoi aprire una tua attività autonoma, come professionista, imprenditore o artigiano?

Quale che sia la motivazione di chi decide di “mettersi in proprio”, una delle prime domande da porsi è: come mi inquadro, da un punto di vista fiscale?


Oggi iniziamo un breve viaggio che ci porterà ad analizzare le varie possibilità, partendo dalla partita IVA individuale in regime forfetario, fino ad arrivare a una S.p.A.

Perché non partiamo dal lavoro occasionale? Perché non crediamo alla favoletta sui 5.000 euro annui.

Chi svolge un’attività economica in modo continuativo ha l’obbligo di aprire partita IVA, anche per incassi annuali inferiori a quella cifra!


Come funziona, dunque, il regime forfettario e quale differenza c’è rispetto al regime “normale”?

Questo speciale sistema di tassazione consiste nel pagare, sul fatturato prodotto dall’attività, un’imposta sostitutiva che è sempre pari al 15% (per le nuove attività, l’imposta è del 5% per i primi 5 anni) invece di pagare l’Irpef (con i suoi scaglioni dal 23% al 43%, a seconda del reddito), le addizionali regionali e comunali, l’Irap.


L’imposta sostitutiva, come detto, va calcolata sul fatturato prodotto dall’attività.

Su tutto il fatturato?

No: a quella cifra si applica un coefficiente di redditività, una percentuale, che cambia a seconda dell’attività svolta (in base al proprio codice di attività).


Ad esempio, per un commercialista che nel 2022 ha fatturato 30.000 €, il coefficiente di redditività è fissato nella percentuale del 78%.

L’imposta sostitutiva si andrà quindi a calcolare sul 78% di 30.000 €, cioè su 23.400€; di fatto, lo stato riconosce, e permette di togliere dai ricavi, 6.600€ di costi.

Abbiamo appena scoperto perché si chiama regime forfetario: perché permette di dedurre, di scaricare, una cifra di costi calcolati in modo forfetario, in percentuale ai ricavi. Non importa se nella realtà non si sono sostenuti costi pari (nel nostro esempio) a 6.600€: questa cifra si può togliere in ogni caso dai ricavi.


Sembra bellissimo: l’aliquota delle imposte è bassa e posso scaricare anche costi che non sostengo.

In effetti, per molti versi lo è.

Tuttavia, ci sono anche dei “contro”:

  • non si possono dedurre i costi “veri” (sempre seguendo l’esempio, se i costi veri fossero 10.000€, si toglierebbero sempre e comunque 6.600€). Gli unici costi “veri” che si deducono sono i contributi previdenziali versati nell’anno (INPS o casse professionali), che si aggiungono ai costi forfettari (quindi, nel caso di versamento di 1.000 euro di contributi all’INPS, si dedurrebbero i 6.600€ di costi forfetari e, in aggiunta, i 1.000 euro di contributi INPS)

  • chi ha solo redditi derivanti dal regime forfettario non può detrarre gli oneri che normalmente si detraggono in dichiarazione dei redditi (spese mediche, interessi per il mutuo, ristrutturazioni casa ecc.)

  • a oggi, 2023, non si possono incassare (non fatturare: incassare) più di 85.000 euro l’anno

Per questo motivo, il regime forfettario è conveniente soprattutto per:

  • le nuove attività, che non sanno ancora come andrà il loro business

  • chi ha pochi costi “veri”

Gli ulteriori vantaggi, schematizzabili di seguito, sono:

  • costo di gestione annua decisamente ridotto rispetto a un regime “normale”

  • fatturazione senza IVA

  • possibilità di determinare in modo preciso, fin da inizio anno, l’importo di tasse e contributi, visto che l’aliquota delle imposte e dei contributi è fissa. Questa “previsione” è impossibile per i regimi normali

In termini di fatturazione elettronica, a oggi esiste ancora l’esonero per tutto il 2023 per le nuove attività e per chi incassa meno di 25.000 euro l’anno.

In ogni caso, il consiglio è quello di adottarla il prima possibile, visti i vantaggi - anche gestionali e di aggiornamento costante con il proprio commercialista - che la fatturazione elettronica permette.

Chiunque, quindi, può adottare questo regime?

No: ci sono alcune limitazioni.

Possono accedere al regime forfettario i contribuenti che:

  • non superino il limite degli incassi annui fissato, dal 2023, in 85.000 € annui (parametro da rapportare al periodo effettivo di attività per chi apre in corso d’anno);

  • non abbiano percepito, nell’anno precedente, un reddito di lavoro dipendente o assimilato di importo superiore a 30.000 €, tranne nel caso in cui il rapporto di lavoro dipendente nell’anno precedente sia cessato;

  • non operino in attività speciali / particolari per cui è obbligatorio determinare l’IVA in modo diverso dal normale metodo (agenzie di viaggi, vendita di beni usati ecc.);

  • siano residenti in Italia, nella UE o in uno Stato extra UE aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono in Italia almeno il 75% del reddito complessivamente realizzato;

  • non siano soci di società di persone, associazioni professionali o imprese familiari;

  • non controllino direttamente o indirettamente S.r.l. che svolgono la sua stessa attività;

  • non fatturino / lavorino prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili a tali datori di lavoro, fatta eccezione per chi inizia una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni.

Se siete arrivati a leggere fin qui, dovreste avere due importanti consapevolezze:

  • la prima, che è fondamentale per un lavoratore autonomo informarsi sempre sugli aspetti che riguardano la propria attività, anche di natura fiscale

  • la seconda, che il regime forfetario è super semplificato rispetto al regime normale!

Ma, del regime normale e delle sue peculiarità parleremo nella prossima puntata!

Athena Staff