Operazione imprenditore: il secondo passo, la ditta individuale tradizionale

Hai intenzione di aprire un’attività autonoma e sei da solo a intraprendere quest’iniziativa? Prevedi di avere tanti costi e di fatturare oltre gli 85.000 euro annuali? Allora, potresti valutare l’idea di aprire una partita iva come ditta individuale.

 

Che cos’è una ditta individuale e quali sono le caratteristiche principali?

È la forma giuridica più semplice e meno onerosa, in quanto, per poterla costituire, è richiesta la semplice apertura della partita iva.

Non serve un Notaio, per intenderci.

Unico soggetto coinvolto è l’imprenditore, al quale non è richiesta una quantità minima di capitale iniziale da investire; la conseguenza è che tutto l’intero patrimonio dell’imprenditore individuale è soggetto al rischio di impresa. Egli ne risponde nei confronti dei terzi con tutti i suoi beni, anche personali.

La ditta individuale non si limita alla possibilità di essere un’azienda solo unipersonale ma può essere costituita anche come impresa familiare o società tra coniugi. Nel primo caso, la normativa prevede che possono partecipare alla gestione dell’azienda familiari, parenti fino al terzo grado e affini al secondo. Invece, per l’impresa coniugale è previsto che la coppia deve avviare l’attività dopo il matrimonio, deve avere la comunione dei beni ed avere stessi poteri all’interno dell’azienda.

La ditta individuale rispetto alla società non richiede un capitale iniziale o una complessa procedura per la sua costituzione.

 

Come scegliere il nome?

 Importante ricordare che ditta, insegna e marchio sono i segni “distintivi dell’impresa”.

L’imprenditore, per distinguere, la propria attività ed i propri prodotti usa dei segni che lo distinguono anche dagli altri concorrenti quali la ditta, l’insegna e il marchio.

In particolare, la ditta identifica il nome dell’impresa e fra i segni distintivi è l’unico obbligatorio, l’insegna, invece, ne identifica i locali dell’impresa mentre il marchio ne identifica dei prodotti o servizi. Se l’impresa è individuale, il nome deve contenere almeno il cognome od almeno la sigla del titolare che possono essere accompagnati da nomi di fantasia.

 

Qual è la ragione sociale di una ditta individuale?

 La ragione sociale è il nome con cui viene iscritta l’azienda nel Registro delle Imprese. Si tratta della “denominazione della ditta”. Nel caso di ditta individuale non è obbligatoria in quanto l’imprenditore può anche non metter alcuna denominazione ed in tal caso si identificherà con il nome proprio dell’imprenditore.

 

Quali sono i vantaggi e gli svantaggi?

La scelta di costituire una ditta individuale ha sia vantaggi che svantaggi.

Fra i vantaggi c’è l’ampia libertà imprenditoriale a partire della costituzione che non prevede alcuna formalità e poche spese (solo per un’eventuale iscrizione nel registro delle imprese), la possibilità di costituirla, almeno in linea teorica, senza capitale. Nella pratica è necessario un capitale iniziale minimo. Quanto alle imposte, non c’è alcuna doppia imposizione né sul reddito dell’impresa né sul reddito o patrimonio dell’imprenditore. Pertanto, i fondatori di una ditta individuale sono avvantaggiati dal punto di vista fiscale. Da tutto ciò consegue anche un ridotto dispendio amministrativo.

L’apertura di una ditta individuale presenta anche degli svantaggi che coinvolgono l’aspetto economico: si realizza la confusione patrimoniale nel senso che, il proprietario ne risponde con l’intero suo patrimonio.

Un ulteriore svantaggio è dato dal fatto che il nome della ditta individuale non può essere scelto liberamente in quanto il nome del proprietario deve essere contenuto nel nome della ditta; sono soggette all’obbligo di tenere una contabilità. Svantaggio per quanto riguarda la tassazione, poiché l’intero reddito va sull’imposta privata. In caso di fallimento, si segue la procedura ordinaria e dunque una procedura rigida sull’intero patrimonio del debitore.

 

Chi paga i debiti?

Si verifica la confusione del patrimonio non essendo l’imprenditore individuale un soggetto distinto dalla sua stessa impresa, nel senso che dei debiti contratti per l’attività, l’imprenditore ne risponde sia con il patrimonio della ditta, sia con il patrimonio personale. Così, i creditori potranno rivalersi indistintamente su entrambi i patrimoni.

Per quanto riguarda il fallimento, anche la ditta individuale può fallire, fermo restando che per la dichiarazione di fallimento sono previste delle condizioni e dei limiti basati sul fatturato e sull’esposizione debitoria. Inoltre, è possibile chiudere una ditta individuale anche in caso di pendenza di debiti. Infatti, l’estinzione della ditta e della partita Iva non chiude i rapporti con i creditori che hanno ancora la garanzia dell’imprenditore e, l’imprenditore continuerà a rispondere dei debiti con il proprio patrimonio personale.

 

Quanti dipendenti può avere?

 La ditta individuale è la struttura di azienda più semplice, ma il fatto che si tratta di un’azienda elementare, non significa che non possa avere dipendenti e/o collaboratori esterni per lo svolgimento della sua attività. Infatti, la legge non prevede alcun divieto o limitazioni sulla possibilità di avere dei rapporti di lavoro subordinato.

Nel caso in cui la ditta individuale abbia come dipendenti dei familiari dell’imprenditore si tratterà di un’impresa familiare. Per la collaborazione dei familiari, a quest’ultimi vengono riconosciuti alcuni diritti patrimoniali e amministrativi. Non saranno infatti considerati semplici lavoratori dipendenti, poiché si viene attribuita importanza al legame di parentela. Con il lavoro apportato si dà riconoscimento di una quota di partecipazione agli utili dell’impresa e la possibilità per i collaboratori di prendere parte alle decisioni in merito alla gestione straordinaria dell’impresa stessa. Nonostante questo, dal punto di vista fiscale e previdenziale, l’impresa familiare viene considerata comunque un’impresa individuale.

 

Quali sono i costi e le tasse da pagare?

 I costi cambiano a seconda di diversi fattori ed in base ai guadagni.

Ci sono i costi addebitabili e conseguenti all’apertura della partita Iva seppur precisando che se l’apertura è un procedimento semplice e gratuito, a meno che non si preferisca avere la tranquillità del supporto di un commercialista, ma indipendentemente da tale scelta, ad avere un costo è il mantenimento della partita Iva. I costi relativi alla partita Iva si suddividono in costi di tenuta (riguardanti l’iscrizione dalla Camera di Commercio) e in costi di gestione.

Se è aperta la partita Iva in regime forfettario, la tassazione sarà più bassa, se invece viene aperta la partita Iva in regime ordinario sarà dovuto anche il versamento dell’Irpef che è un’imposta diretta, nel senso che colpisce direttamente il reddito ed è personale in quanto deve essere pagata da tutti coloro che producono reddito in Italia. Si tratta di una tassa progressiva, ovvero di una tassa che aumenta con l’aumentare del reddito.

A ciò si devono aggiungere anche i contributi Inps che almeno negli importi, con reddito da 0 fino a circa 15.000 euro, occorrono pagare come importo fisso imposto da legge; oltre i 15.000 euro di reddito aumentano anche i contributi Inps in modo proporzionale.

È inoltre dovuto il versamento dell’Irap, in quanto qualsiasi persona, ente o società che produca un fatturato, generando potenzialmente reddito, deve versare questa tassa in base all’aliquota che varia in base al fatturato stesso.

Athena Staff