La protezione dell'investitore privato

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La Direttiva MiFID II


Con la Direttiva MiFID II, così come recepita in Italia nel 2017, si è introdotta una nuova e più ampia forma di tutela per l’investitore. È di matrice europea l’idea di incrementare la tutela del risparmiatore, implementando la quantità e la qualità delle informazioni che andranno fornite sin dalla fase di ideazione dei prodotti.

Proprio in tale ottica vanno lette le novità di MiFID II sui nuovi obblighi imposti alle imprese di investimento per quanto riguarda l’individuazione degli strumenti finanziari adeguati al cliente e la valutazione di adeguatezza dei prodotti offerti.

Il legislatore europeo si è interessato di garantire una maggiore tutela agli investitori, non solo imponendo agli intermediari l’osservanza di puntuali regole di condotta, per assicurare comportamenti improntati alla correttezza e all’efficacia operativa, ma anche richiedendo che il personale addetto alla prestazione di “servizi di investimento” sia in possesso di un adeguato livello di conoscenza e competenza sui prodotti finanziari offerti o raccomandati alla clientela, in modo da poterli vagliare alla luce delle esigenze prospettate di volta in volta dall’investitore.

In modo particolarmente innovativo, con la normativa in parola è stata esplicitata la regola che impone alle imprese di investimento la comprensione delle caratteristiche degli strumenti finanziari offerti o raccomandati.

In tal senso, disciplina fondamentale nella MiFID II è costituita dal product governance (governo del prodotto), avente, appunto, la finalità di aumentare la tutela del cliente.

Tramite il cd. governo del prodotto vogliono ridursi i casi di “misselling”, ovvero gli investimenti rivelatisi del tutto inadeguati al cliente che li ha realizzati, perché non conformi alla sua propensione al rischio o agli obiettivi di investimento, ovvero, in generale, alle sue esigenze.

Allora, ben si comprende come la disciplina della product governance sia rappresentativa del fine ultimo della MiFID II, consistente nel migliorare il sistema di protezione della clientela. Infatti, la product governance non implica solo un presidio sulla fase di distribuzione degli strumenti finanziari, ma anche un controllo del processo di creazione e strutturazione degli stessi, stabilendo, in particolare, che gli intermediari finanziari siano tenuti ad individuare un mercato di riferimento (c.d. target market).

L’obbligo di individuare un preciso target market è rivolto sia al manufacturer o intermediario produttore (il soggetto che crea, sviluppa, emette e/o concepisce strumenti finanziari o che fornisce consulenza agli emittenti societari nell’espletamento di tali attività) che al distributor o intermediario distributore (inteso quale soggetto che offre e raccomanda strumenti finanziari ai clienti).

Come ulteriore protezione, nel caso in cui la product governance interna dovesse rivelarsi inadeguata, la nuova regolamentazione europea ha consentito alle autorità di controllo di intervenire in una logica di product intervention, vietando o limitando la commercializzazione, la distribuzione e la vendita di qualsiasi strumento finanziario o deposito strutturato che sollevi gravi timori in merito alla protezione degli investitori.

Nell’intenzione del legislatore europeo, la combinazione di product governance e product intervention dovrebbe riuscire ad evitare che siano commercializzati prodotti finanziari potenzialmente dannosi, sia per l’investitore che per l’ordinato funzionamento dei mercati finanziari.

Ancora, nell’ottica di una maggiore tutela dell’investitore, è stata valorizzata la valutazione di adeguatezza: i c.d. test di adeguatezza rappresentano un obbligo per tutti gli operatori che svolgono attività di consulenza finanziaria e di gestione patrimoniale.

I nuovi obblighi introdotti consistono nell’individuazione degli strumenti finanziari più adatti al cliente e difatti l’intermediario, nell’ambito delle informazioni sugli obiettivi di investimento, dovrà tenere conto anche della tolleranza al rischio del cliente, mentre nell’acquisizione delle informazioni in merito alla situazione finanziaria, dovrà considerare anche la capacità del cliente di tollerare le perdite, valutando attentamente ogni conseguenza pregiudizievole.

Questa innovazione ha introdotto un nuovo modo di intendere il servizio di consulenza che si è fatto strada in Italia a partire dal recepimento della Direttiva del 2014. Proprio il nuovo concetto di tolleranza alle perdite impone all’intermediario di valutare oggettivamente se l’investimento possa essere sostenuto finanziariamente da parte del cliente, determinando i livelli di perdite che il cliente è in grado di fronteggiare – appunto perché compatibili con la sua situazione economico-finanziaria, presente e futura – e tali, quindi, da non compromettere il perseguimento degli obiettivi di investimento del cliente stesso.

In tale ambito, l’adeguamento alle previsioni della MiFID II imporrà, quindi, alle banche e agli altri intermediari la revisione dei questionari e degli algoritmi di profilatura dei clienti e la revisione dei report forniti dai clienti, al fine di riuscire a fornire la corretta spiegazione sul perché il prodotto risulti adeguato.

Infine, quale ulteriore baluardo della tutela dell’investitore, il legislatore europeo ha prescritto l’obbligo di conservare le registrazioni (c.d. record keeping) delle conversazioni telefoniche o delle comunicazioni elettroniche concernenti tutte le operazioni di negoziazione per conto proprio e di ricezione, trasmissione ed esecuzione di ordini della clientela; l’obbligo è di conservare tutti i dati segnalati “per un periodo di cinque anni e, se richiesto dall’autorità competente, per un periodo fino a sette anni” .

L’obbligo di registrazione ha il fine di rendere sempre fruibile la prova dei termini di qualsiasi ordine trasmesso dai clienti e la relativa corrispondenza con le operazioni eseguite dalle imprese di investimento.

 

Dott.ssa Paola Angela Battigaglia

Athena Avvocato Torino



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