Assegnazione della casa familiare.

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Alla fine, a chi rimane?


Per casa familiare si intende il luogo degli affetti, il centro degli interessi e delle abitudini in cui si esprime la vita della famiglia e dei suoi componenti.

Nella separazione o nel divorzio, l'assegnazione della casa coniugale è volta alla tutela della prole e ad assicurare alla stessa una continuità con l'ambiente in cui sono cresciuti, che sentono come propria "casa" luogo protetto, intimo, solido punto di riferimento. La concessione del beneficio in questione, ovvero quello di abitare e utilizzare personalmente l'immobile in capo ad una parte, resta subordinata all'affidamento dei figli minori o maggiorenni ma economicamente non autosufficienti.

 

L'art. 337-sexies, comma 1, c.c., dispone che "il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli. Dell'assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio."

 

E' inevitabile che l'assegnazione della casa familiare in favore di un coniuge per la tutela dei figli conviventi, determini un vantaggio economico di non poco conto. 

E per contro, una difficoltà in capo all'altro coniuge.

Poniamo il caso di coniugi comproprietari dell'immobile in cui vivono con i figli, ma con un cospicuo mutuo mensile da corrispondere alla banca. Oppure il caso in cui l'immobile sia di esclusiva proprietà di uno dei coniugi e che esso venga assegnato all'altro per viverci stabilmente con la prole. 

 

Pagare il mutuo relativo alla casa familiare e, magari, dover corrispondere un canone di locazione, certamente determina un peso economico importante che grava su una sola parte. 

Spesso poi vi è un assegno di mantenimento per i figli da corrispondere mensilmente. 

La situazione può diventare insostenibile.

 

Tale componente quindi come viene presa in considerazione?

Partiamo da un dato certo: l'assegnazione della casa familiare non è una componente del mantenimento in quanto il relativo provvedimento di assegnazione è volto unicamente alla tutela della prole.

L'assegno di mantenimento è invece determinato in relazione ai redditi delle parti e alle sostanze patrimoniali su cui possono contare. 

Certamente però il Giudice valuterà gli oneri economici che le parti devono affrontare mensilmente e il peso di un eventuale mutuo, piuttosto che le spese derivanti da un canone di locazione; il Tribunale quindi terrà in giusta considerazione tale utilità economica  che "di fatto" si viene a creare in capo ad un coniuge e in sfavore dell'altro.  Occorrerà tuttavia che la parte onerata evidenzi al meglio tutte le circostanze utili per fornire al Giudice un quadro chiaro e preciso della propria situazione economica e patrimoniale, onde evitare di trovarsi nella condizione di dover corrispondere un assegno di mantenimento mensile troppo gravoso per le proprie tasche.

 

 

 Avv. Elena Moschella

Athena Avvocato Torino



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