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Il diritto di recesso del consumatore. Cos’è e cosa possiamo fare per salvarci dai nostri acquisti impulsivi


Avete mai accettato un’offerta promozionale da una compagnia telefonica che vi ha contattato al telefono per convincervi a sottoscrivere un nuovo piano tariffario?

Avete mai acquistato una rivista o un servizio sull’onda dell’interesse iniziale, senza realizzare di aver appena sottoscritto un abbonamento periodico per quel dato prodotto o servizio?

Se rientrate in questa ampia casistica, che comprende anche le compagnie di energia elettrica e gas e, più in generale quelle imprese che cercano di raggiungere il cliente finale attraverso strumenti a distanza, sappiate che è possibile liberarsi dai contratti firmati tempestivamente.

Tale possibilità prende il nome di “diritto di ripensamento” e trova applicazione in tutti quei contratti conclusi per scopi estranei alla propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ossia come consumatore.

Per non addentrarci in definizioni giuridiche e cercare di ridurre all’osso il significato di consumatore vi basti sapere che il consumatore è semplicemente colui che agisce nel proprio interesse privato e personale.

Facendo un esempio, se attivo un piano energetico per fornire di elettricità e gas la casa nella quale abito sarò considerato un consumatore. Al contrario, se attivo un piano energetico per fornire di luce e gas la mia officina o ufficio sarò considerato professionista, e tale “diritto di ripensamento” non potrà essere esercitato.

Il “diritto di ripensamento” trova la sua collocazione nel Codice del Consumo (art. 52 e seguenti del D.LGS 206/2005) e dà al consumatore la facoltà di sciogliere il vincolo contrattuale con una semplice comunicazione (tecnicamente chiamata recesso) purché ciò avvenga entro 14 giorni dalla conclusione del contratto stesso (nei contratti di vendita il periodo di 14 giorni si conteggia da quando il consumatore riceve nelle proprie mani il bene acquistato).

Questa potenziata forma di protezione rappresenta un’eccezione rispetto alla regola contenuta nel codice civile, che è stata introdotta a tutela dei consumatori in quanto considerati parte debole del contratto.

Ma come si manifesta il “ripensamento”? A tale scopo, sebbene basti una semplice comunicazione, anche verbale, al venditore, è sempre buona consuetudine quella di inviare il recesso attraverso strumenti che garantiscono la prova della ricezione anche in sede giudiziaria (PEC, raccomandata con ricevuta di ritorno, fax, telegram etc).

Ricevuta tale comunicazione il venditore dovrà provvedere al rimborso del prezzo.

Va sottolineato, inoltre, che questa protezione è invocabile solo per contratti conclusi a distanza o negoziati fuori dai locali commerciali, pertanto non potrà giovarsene chi abbia effettuato l’acquisto direttamente in negozio.

Per tali eventualità vale la regola generale che dà all’acquirente la facoltà di restituire il prodotto acquistato che sia difettoso o danneggiato purché il difetto sia stato denunciato al venditore entro due mesi da quando il consumatore si è accorto del difetto e comunque non oltre due anni.

Avv. Emanuele Branca

Athena Avvocato Torino

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